Marco Ferrazza

My music is mainly based on a process of recoding concrete sounds by means of electronic manipulation.

This procedure allows me first of all to start a personal research on what I consider sonically unexplored in a recording, or timbrically unexpected in the sound, and therefore it’s a way of investigating the cultural space, as well as the cultural time, of which the sounds are bearers.

I therefore create pieces (in the studio and, in the case of a performance, in real time) in which the reference to “reality” can be hidden or not, and can appear through analogies and contrasts or through sound developments in which the element vital and “narrative” alternates with the importance given to the sound process.

What we commonly refer to as “music” can affect us emotionally. However, it is possible to search for “musicality” even outside traditional pieces, and it is also possible to verify sound solutions outside of any “musicality”, exploring heterogeneous situations, already present in the acoustic sphere or built from scratch, unpublished or unconventional.

Listening / observing the sound implies, among others, two types of approach, the logical-analytical one and the contemplative one. However, both require the intentionality of focusing the senses towards a perceptual aspect that thus emerges from the variegated articulation of the world.

Listening voluntarily, even with respect to unusual or assumed sound presences, means acting, being present in the moment, consciously. Through listening, analysis and contemplation they seem to mutually change one into the other.

Electroacoustic instruments allow us to analyze and then process the sound to reveal what appears to us as a further presence beyond the immediate one of the surface, or to transform that sound directly into another unheard sonic material.

For instance, field recordings are a bridge between our perceptive possibilities and the opportunity to recode the signs to outline a poetics (personal, intimate, but still potentially shareable) of the change.

Reworking our cultural knowing (manipulating it, reorganizing it, externalizing it) is perhaps an opportunity to revive, give new life to our cognitive resources.

So what I “discover” in sound and through sound is the result of my research, a research that has no a priori objective, and the outcome of this research is also what I choose to present, what I consider an achievement to share.

Il mio lavoro si basa principalmente su un processo di ricodificazione dei suoni concreti attraverso la manipolazione elettronica.

Questo procedimento mi consente prima di tutto di avviare una ricerca personale su ciò che ritengo sonicamente inesplorato in una registrazione, o timbricamente inatteso nel suono, e quindi una modalità di indagine sullo spazio culturale, nonché sul tempo culturale, di cui i suoni sono portatori.

Realizzo quindi delle composizioni (in studio e, in caso di performance, in tempo reale) in cui il richiamo con la “realtà” può essere celato o meno, e può presentarsi attraverso analogie e contrasti o grazie a svolgimenti sonori in cui l’elemento vitale e “narrativo” si alterna all’importanza data al processo sonoro.

Ciò che comunemente definiamo “musica” può coinvolgerci emotivamente. È possibile comunque ricercare la “musicalità” anche al di fuori delle composizioni tradizionali, ed è anche possibile verificare soluzioni sonore al di fuori di una qualsivoglia pretesa “musicalità”, esplorando situazioni eterogenee, già presenti nella sfera acustica o costruite ex novo, inedite o non convenzionali.

Ascoltare/osservare il suono implica, tra gli altri, due tipi di approccio, quello logico-analitico e quello contemplativo. Entrambi richiedono comunque l’intenzionalità del focalizzare i sensi verso un aspetto percettivo che emerge così dalla variegata articolazione del mondo.

Mettersi volontariamente in ascolto, anche rispetto a presenze sonore inusuali o date per acquisite, vuol dire agire, essere presenti nel momento, coscientemente. Attraverso l’ascolto, analisi e contemplazione sembrano mutare l’una nell’altra vicendevolmente.

Gli strumenti elettroacustici ci consentono poi di analizzare ed elaborare ulteriormente il suono per rivelarne ciò che in esso ci appare come un’ulteriore presenza oltre quella immediata della superficie, o per tramutarlo direttamente in un altro suono fino a quel momento inaudito.

Ad esempio, la registrazione dei suoni ambientali è un ponte tra le nostre possibilità percettive e l’opportunità di ricodificare i segni per delineare una poetica (personale, intima, ma comunque potenzialmente condivisibile) del mutamento che costantemente esperiamo.

Rielaborare il proprio portato culturale (manipolarlo, riorganizzarlo, esternarlo) è forse anche l’opportunità per vivificare, dotare di nuova linfa le nostre risorse cognitive.

Dunque ciò che “scopro” nel suono e attraverso il suono è l’esito della mia ricerca, una ricerca mossa da una naturale tendenza all’indagine che però non ha un obiettivo a priori, e l’esito di tale ricerca è anche ciò che scelgo di presentare, ciò che considero un ottenimento da condividere.